Libero Elio Romano, pittore e scultore, apparteneva a una famiglia colta e agiata. Il Padre Aurelio, propriterio terriero era un magistrato. Maria Rosa Ferretti, la madre, di origine piemontese e dai forti valori risorgimentali, era un’insegnante.madre Maria Rosa Ferretti, insegnante.
Primo di quattro figli, Libero Elio era nato il 21 marzo del 1909 a Trapani, città in cui il padre era stato chiamato per un breve periodo di tempo a svolgere l’incarico di Giudice Aggiunto.
In seguito i Romano si stabilirono a Catania e da lì comunque amministravano le terre in territorio di Assoro.
In famiglia i presupposti portavano a credere che anche il primogenito, seguendo le orme paterne, diventasse un funzionario di riguardo.
Ciò nondimeno già negli anni del liceo risultarono presto evidenti le sue naturali qualità artistiche e gli venne concesso di frequentare la bottega di Rosario Spina, valente pittore acese.
Conseguita la maturità, il giovane Elio Romano avrebbe voluto frequentare un corso di studi dove assecondare la propria personale inclinazione, ma ciò non solo ava contro le aspettative dei genitori, ma trovava anche impedimento in quanto la città di Catania, in quel tempo, non disponeva ancora di scuole adeguate in tal senso.
A sostenere la volontà del nostro pittore intervenne un amico di famiglia, il filosofo Giuseppe Lombardo Radice. Fu per sua intercessione che gli venne concesso di studiare arte presso la “Scuola libera del nudo” di Roma… a condizione, però, che frequentasse allo stesso tempo i corsi universitari di studi giuridici.
Promessa, questa, che Elio Romano riuscì a mantenere.
Si laureò infatti in Giurisprudenza a Catania nel 1933 e nello stesso anno conseguì il diploma presso l’Accademia Reale delle Arti del Disegno di Firenze.
Aveva preso a frequentare quella città iscrivendosi al corso di pittura di quell’istituto, dopo che era stato espulso dalla Scuola libera del nudo di Roma probabilmente per la sua avversione al fascismo, causa legata anche alla sua vicinanza al filosofo pedagogista professore Lombardo Radice, già in odore di oppositore al regime.
Divenuto, così, assistente del pittore Felice Carena, docente dell’Accademia fiorentina, Elio Romano ebbe modo di frequentare eminenti artisti, come Giorgio Mori tra gli altri, e illustri intellettuali, come Montale e Vittorini.
In special modo con Eugenio Montale intrattenne un curioso interscambio culturale: Romano instradava lo scrittore all’uso dei pennelli, mentre il Nobel per la letteratura incoraggiò il pittore alla scrittura.
Cosa, per altro, che il Nostro realizzò. Il suo romanzo ‘Fanuzza’, una sorta di galleria di dipinti raccontati, scritto durante gli ultimi anni del secondo conflitto mondiale, gli venne pubblicato molto più avanti, nel 1995, dall’editore Giuseppe Maimone.
Nel periodo fiorentino Elio Romano sposò Gabriella Pescatori, come lui figlia di magistrato e allieva dell’Accademia e, sempre nella stessa città, nel 1936, fu chiamato a insegnare Disegno dal vero presso la neonata Facoltà di Architettura.
Sempre a Firenze alcune sue opere vennero esposte alla Galleria di Arti Moderne.
In quegli anni partecipò più volte sia alla Biennale di Venezia che alla Quadriennale di Roma e i suoi dipinti furono presentati al Palazzo delle Esposizioni.
Ritornato nella sua Catania nel 1964 fu insegnante di “Figura disegnata” presso l’appena istituito Liceo Artistico Statale e, in seguito, sempre nel capoluogo etneo, fu collega dei padri dell’Accademia Statale di Belle Arti dove insegnò Pittura dal 1974 al 1979.
Dalla personalità introversa e dal carattere schivo e riservato, trascorse gli ultimi anni esclusivamente nella sua amata residenza di Morra, nelle campagne di Assoro.
Nel tracciare la vita del pittore Romano non si può prescindere dal delinearne il suo essere un agricoltore: ‘u Judice’ (con questo appellativo in tanti rispettosi gli si rivolgevano) era sempre occupato a realizzare migliorie alla coltura al fine di incrementare il reddito familiare.
E quo lo scultore catanese Emilio Greco che lo consigliava di tornare a Roma gli chiese cosa facesse da solitario nella sua tenuta di Assoro egli rispose con una metafora alla maniera di Voltaire: “Coltivo il giardino”.
Impegnato politicamente in ambito locale, il pittore portò avanti significative lotte ambientaliste per la salvaguardia del territorio.
La comunità e le istituzioni assorine, riconoscenti, sempre hanno trovato i modi per celebrarlo.
Anche la città di Catania ha più volte riconosciuto l’arte e la personalità di Elio Romano omaggiolo con retrospettive e mostre antologiche. Il comune etneo ha fatto apporre una targa in marmo sulla facciata del palazzo nel quale visse il pittore, al fine di far conoscere e promuovere il percorso artistico di uno dei più gri maestri del Novecento.
Un anno prima della sua morte, avvenuta nel 1996, una selezione di importanti opere venne esposta presso il Castello Ursino.
Nel 2022 molti suoi dipinti, sculture e disegni inediti sono stati oggetto di un’ultima interessante mostra presso il Palazzo della Cultura di Catania a cura dello storico dell’arte Vittorio Ugo Vicari.